Erice

San Vito Lo Capo e dintorni

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La storia di Erice


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Secondo Tucidide, Erice fu fondata dagli esuli troiani che, fuggendo nel Mar Mediterraneo, avrebbero trovato il posto ideale per insediarvisi. Sempre secondo Tucidide, i Troiani si sarebbero uniti alla popolazione autoctona e avrebbero poi dato vita al popolo degli Elimi. Infine Erice fu contesa dai Siracusani e dai Cartaginesi sino alla conquista da parte dei Romani nel 244 a.C. (I Romani vi veneravano la "Venere Erycina", la prima dea della mitologia romana a somiglianza della greca Afrodite.)

Erice viene citata da Virgilio nell' Eneide con Enea che la tocca due volte: la prima per la morte del padre Anchise, un anno dopo per i giochi in suo onore. Sempre Virgilio, nel canto V, racconta che in un'epoca ancora più remota vi campeggia Ercole nella famosa lotta col gigante Erix, precisamente nel luogo dove poi si sfidarono al cesto il giovane Darete e l'anziano Entello.

Erice era la città più importante degli Elimi e il centro in cui venivano celebrati i riti religiosi. Durante la prima guerra punica, il generale cartaginese Amilcare Barca, ne dispose la fortificazione, e di qui difese Lilibeo. In seguito trasferì parte degli ericini per la fondazione di Drepanon, l'odierna Trapani.

Durante il periodo arabo sicuramente il monte non fu abitato da nessuno. Successivamente si ripopolò e fu denominata Monte San Giuliano, acquistando prestigio grazie alla costruzione di nuovi edifici civili e religiosi.

Erice deve la sua rinascita alla Guerra del Vespro, divenendo di fatto la rocca da cui scaturivano le azioni belliche di Federico d'Aragona, re di Sicilia fino al 1337. Sant'Alberto, che predicò l'azione contro gli Angioini, discendeva dagli Abbati, una delle maggiori famiglie della città.

Da ricordare è anche la poco pacifica convivenza con i dominatori spagnoli, culminata con una rivolta popolare assai feroce. La vita monastica, con numerosi monasteri amministrati da famiglie locali, caratterizza la vita cittadina. La gestione delle rendite agricole di questi determina l'edificazione di straordinari edifici tuttora visibili. La ricchezza delle famiglie che quivi vivono sino alla riforma borbonica di Tommaso Natale che, di fatto, scardina il sistema su cui si era retta sino ad allora l'economia delle città demaniali, è testimoniata dai palazzetti e case signorili che si affacciano, numerosi, sulle strade della città. Le circa cento famiglie che nei 700 anni di vita della città hanno partecipato alla conduzione del potere (capitani, giurati, magistrati) hanno lasciato testimonianza della loro vitalità. La ristrutturazione ottocentesca della piazza centrale che era detta "Piazza della Loggia" (dedicata successivamente ad Umberto I, per tornare al suo nome originario nel 2012) ha fatto perdere la lapide che recitava con orgoglio lo sforzo economico che i liberi cittadini di Erice avevano pagato al re per non essere infeudati da nessuno.  La città tende comunque a conservare gelosamente il fascino di una cittadina medievale.

A partire dal XVI secolo si svolge la rappresentazione del misteri in occasione del Venerdì Santo, emulando quella trapanese, in misura ridotta ma molto suggestiva. Sostituendo la rappresentazione scenica teatrale con statue in legno attorno all'800, i misteri vengono condotti a spalla, seguendo sempre il percorso originario.

Nel 1934 Monte San Giuliano riprende il nome di "Erice". Il suo territorio, denominato Agro ericino, comprendeva oltre al territorio dell'attuale comune, anche quelli di Valderice, Custonaci, San Vito Lo capo e Buseto Palizzolo.

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